Questa volta
di cristinadellamore
Mi risveglio di soprassalto, zuppa di sudore nonostante il condizionatore che ronza in un angolo, la maglietta XXL che ieri sera, chissà perché, ho tenuto addosso arrotolata fin quasi alle ascelle. Un sogno, ovviamente, in questa notte estiva, e qualcuno lo chiamerebbe un sogno premonitore.
Non io. Io credo solo in quello che posso vedere, sentire e toccare; credo in lei, che ha creato me e tutto quello che mi circonda assieme al nostro amore. E infatti lei è qui, e’ sveglia, si è alzata su un gomito, mi sorride e mi passa una mano fresca e gentile sulla fronte. Non dice niente, aspetta che mi senta di parlare. Un po’ tranquillizzata dal suo sguardo nella penombra tiro un bel respiro, inghiotto una lacrima e racconto, a voce bassissima, perché non c’è bisogno di urlare quando si è in presenza della tua Dea.
Ho sognato mio padre, la faccio breve. Ero in bagno, e già adesso non sono sicura se si trattasse del nostro bagno o di quello dell’ufficio o di un altro, sconosciuto o cosa. Però sono sicura, anzi sicurissima, che ero nuda, davanti al lavandino. No, non mi sono rivista come una bambina, allo specchio ero come sono adesso, il caschetto blu dei capelli che lei ama scompigliare con una carezza, le tette grandi e sode ed i capezzoli turgidi come dopo un bacio di lei, il pancino piatto e tonico. Non ho visto altro di me, lo specchio finisce lì.
Papà era esattamente come l’ho visto l’ultima volta, i capelli neri a spazzola, l’espressione seria degli occhi scuri smentita dal sorriso sulle labbra spesse, ben rasato. Indossava il giaccone pesante che mi piaceva tanto, aperto sul maglione blu un po’ ruvido che amavo sfiorare per sentirne il calore. Mi sono svegliata un istante prima che papà aprisse la bocca, come sempre nei sogni, e sono così tesa da non poter neanche pensare di riaddormentarmi. Lei mi accarezza di nuovo e davvero mi sento meglio, come se un fluido fosse passato dalla punta delle dita alla mia fronte; davvero capisco quando cagnolini e gattini si accovacciano per essere coccolati.
Lei continua a tranquillizzarmi con la sua presenza accanto a me, io continuo a pensare. Papà non era un padre presente e contemporaneamente lo era, sei mesi l’anno spariva, per gli altri sei era sempre a casa, e poi ho saputo, ma ero già diventata grande, che lavorava sulle piattaforme per l’estrazione del petrolio, da qualche parte in mezzo all’oceano. Poi, quando avevo dieci anni papà partì un po’ prima del solito e non tornò più. Al suo posto arrivò il primo di una serie di uomini a far compagnia a mamma, ma questa è un’altra storia, come e’ un’altra storia quello che mi fecero mia madre e l’ultimo dei suoi uomini.
Lei si accorge di quello che sto pensando e non smette di accarezzarmi: sono le carezze che più mi piacciono, lei sa bene che riescono a tranquillizzarmi ed a svuotare la mia mente dai cattivi pensieri. E lei si accorge anche di questo, mi sorride e mi sfiora la guancia con un bacio. Va tutto bene, le dico godendomi la presenza di lei così forte e vicina, papà voleva forse dirmi che approva, chi lo sa; in ogni caso, aggiungo muovendomi un po’ tra le braccia di lei, approvo io, e chiedo altre carezze.
“Ma certo, amore”, dice lei contro la mia guancia, “sono sempre felice di accontentarti”.