Solo per amore

La vita, l'universo e tutto quanto

Mese: ottobre, 2020

Uno scenario tutto nuovo

by cristinadellamore

Questo post del 16 dicembre 2014 ci racconta la complicità tra la nostra amica Cristina e la sua lei – Stella. Un gioco che in qualche modo coinvolge anche gli estranei, per la gioia di stare assieme.

Mario Siniscalchi


Sono seduta in un angolo, un boccale di birra davanti, faccio finta di interessarmi allo schermo del telefonino. Fa caldo, ho tolto la giacca del tailleur e sbottonato la camicetta, ignorando il brusio che arriva dai tavoli vicini perché così, china in avanti, so di dare un certo spettacolo.

Poi sento una voce, un altro cliente mi chiede se può sedersi qui; faccio cenno di sì senza alzare il capo; sono sempre a capo chino e smanetto sulla tastiera virtuale. Poi decido di bere un altro sorso e mi trovo davanti agli occhi questo tizio sottile, con i capelli lunghi, la faccia un po’ sporca di barba non fatta e magnetici occhi verdi. E’ vestito come capita, un pesante maglione scuro di qualche misura troppo grande, ha posato sul tavolo accanto al suo calice di birra dall’aspetto costoso, colore più rosso che ambrato e schiuma con strani riflessi.


Molto educatamente si presenta fissandomi negli occhi: un punto per lui, non mi guarda le tette, almeno non subito, e si merita la mia risposta; o è invece perché sono un po’ soggiogata dal suo sguardo? Mi chiede cosa bevo, e mi accorgo che ho svuotato il boccale in due sorsi: non mi era mai capitato prima. Sarà un segno?

Mi chiede il permesso di offrirmi il secondo giro, fa un gesto e la camerierina bionda e sottile si materializza accanto a noi. E’ vestita modestamente con maglietta e jeans neri, come tutto il personale, ma ha un’espressione adorante: il mio strano commensale le piace e si vede, mi sembra sentire i suoi feromoni e la sua voce che dice qualcosa come “prendimi qui e subito, ti prego”, e devo scrollare la testa per schiarirmela.

Ha ordinato per me un calice della birra che sta bevendo lui, o meglio sta facendo finta di bere perché giocherella col calice, lo alza per guardarne il contenuto in controluce, e intanto mi spiega la rava e la fava di questa birra artigianale sarda, e quel colore dipende dai mieli d’arancio, che danno anche un particolare profumo. Anche lui deve avere un particolare profumo; non è certamente la birra, però mi gira un po’ la testa e improvvisamente sento un familiare calore al ventre, ho voglia di questo gentile sconosciuto, così educato e sexy, e non mi era più capitato da tanto tempo.

La cameriera bionda mi mette davanti un calice di birra con una malagrazia che non credo di meritarmi; o forse sì, ha capito come me che il cliente non la vuole, ha capito che quella che vuole sono io. E io, lo voglio? Accidenti, sì. Non riesco a non pensare a come deve essere baciarlo, sentire le sue mani su di me, il suo corpo prima contro il mio, poi dentro. Cerco di ragionare, prendo il calice e non riesco a controllarmi, tiro fuori la lingua e lecco la schiuma: lo so, è un segnale per una donna, purtroppo non abbiamo ordinato salsicciotti e senape altrimenti avrei fatto qualcosa di diverso e più preciso.

Con un sorriso che mi fa quasi male mi chiede se quella birra mi piace. Non ce la faccio a rispondere, porto il calice alle labbra e lo svuoto per metà d’un fiato, lui sorride di nuovo e dice che sì, si vede che mi piace: sarebbe sorpreso che confessassi che non sono riuscita a sentire il sapore?

Bevo l’altra metà del calice per non essere costretta a parlare, e immediatamente il mio corpo mi corre in aiuto: con le gambe che tremano un po’, con la testa che gira e non per l’alcol mi alzo e mi dirigo verso i bagni. Forse gli chiedo scusa, forse no, ma non importa.

Non ci ho mai messo piede, c’è cattivo odore, disinfettante di pessima qualità a coprire quello di ammoniaca, e attraverso la suola sottile delle mia scarpette col tacco alto mi sembra addirittura di sentire che il pavimento è bagnato, anzi di più. Mi giro per chiudere la porta e me lo trovo davanti: mi ha seguita.

E sia. Lo voglio, gli vado incontro, mi offro. Le sue mani su di me, le sue labbra sulle mie, ed è il sapore che ben conosco. Lei mi infila col suo gesto che amo le dita trai capelli e mi chiede: “Lo facciamo qui”?

Scenario, parte undicesima

by cristinadellamore

Nonostante l’ingresso ufficiale della cattiva stagione, col tramonto del sole alle cinque del pomeriggio, anche oggi ho aggiornato la storia fantasy della nostra amica Cristina: la trovate qui, come al solito.
Di seguito, invece, il nuovo capitolo della storia incompiuta.
Mario Siniscalchi

Scenario (11)

Zero Diciotto si alza con eleganza e ti prende per mano, ti spiega che avete cinque minuti per andare in bagno e fare la doccia – fredda e senza sapone, ma anche senza disinfettante industriale, almeno non brucia – poi le luci verranno spente e chi non è in branda finisce sulla lista della Signora: un’ottima ragione per affrettarsi. Per te è un assurdo quanto gradevole ritorno alla tua giovinezza, non c’è molto di diverso rispetto alla routine di un centro di addestramento, in questo: ti accovacci assieme alle altre e ti getti poi di corsa sotto la doccia, dalla quale un attimo dopo sei spinta via da una donna così magra da sembrare un ragazzo, i capelli bianchi raccolti in una lunga coda. Si tratta di gesti e movimenti meccanici, come quelli che, a luci spente, fai poco dopo a beneficio di Zero Diciotto, che ti ha chiamato sulla sua branda e presa per i capelli per guidarti tra le sue gambe.

Mentre provvedi al piacere di Zero Diciotto pensi a tutt’altro. Sempre alla signorina bionda; già, perché ti è venuto in mente che una volta, al Circolo Ufficiali, un giovane maggiore ti attaccò bottone e cominciò a chiacchierare a ruota libera, aiutato in questo dall’alcol che stava ingurgitando e che continuava ad offrirti. Questo maggiore ti spiegava che stavano fronteggiando una vera e propria emorragia di graduati e sottufficiali, trasferiti d’ufficio alle forze di sicurezza. Due giorni dopo il maggiore scomparve, e la settimana successiva toccò a te, e non facesti in tempo ad approfondire. Ci ripensi adesso, con la bocca piena del sapore di Zero Diciotto, e ti viene per prima cosa il dubbio che quello stupido maggiore abbia fatto, tra gli altri, anche il tuo nome, magari perché non avevi accettato le sue avances, poi che la signorina bionda possa essere stata una tua subordinata.

“Brava”. Zero Diciotto è venuta e davvero si accontenta di poco: ti coccola, ti accarezza un po’, è davvero felice per quel piacere che le hai dato senza quasi pensarci. Ti chiede se vuoi essere ricambiata, ti assicura di essere brava quanto te, ti prende tra due dita un capezzolo e comincia gentilmente ad accarezzarlo e per quanto ti sembri strano il tuo corpo reagisce e la donna lo prende per un sì. Vi scambiate di posto e tu chiudi gli occhi per fantasticare.

Zero Diciotto ha dita forti ma sottili e delicate, labbra morbide e lingua agile. Ma tu non riesci a pensare, come spesso fai, alla tua prima amante, o all’ultima donna che hai avuto. Davanti alle palpebre chiuse scorrono di nuovo le immagini del tuo arresto, quando ti hanno caricata nel furgone chiuso e lì, per un tempo interminabile, mentre ti portavano nel carcere della Polizia Politica, ti hanno stuprata: erano in quattro, ricordi perfettamente i loro volti, i loro membri, le loro mani. Ricordi anche che hai lottato con tutte le tue forze e urlato con tutto il tuo fiato, e che ti sei arresa solo quando sei rimasta semisoffocata da un sacchetto di stoffa bagnata che ti hanno infilato sul capo. Ti sei arresa troppo tardi: ti hanno presa così brutalmente che hai dovuto stringere i denti per non urlare di nuovo e non farti di nuovo soffocare. E incredibilmente vieni, mentre rivedi il volto contratto del caposquadra ad un niente dal tuo mentre si svuota dentro di te sussurrandoti una sequela di insulti e minacce accompagnata da un ceffone.

Zero Diciotto ti abbraccia di nuovo, e ti consola, perché stai piangendo; non ti fa domande, ma ha certamente capito cosa hai provato visto che ti parla e ti spiega che tutto quello che hai dovuto sopportare e soffrire fa parte anche della sua esperienza, e di quella di tutte le altre donne qui, non solo in questa camerata ma in tutta la prigione; ti dice che nessuna ne parla, mai, perché ognuna di loro vuole solo dimenticare. Vorresti protestare perché tu non vuoi dimenticare, vuoi ricordare tutto e vendicarti, ma la stanchezza ha la meglio e col capo sul suo seno alto e sodo ti addormenti tra un singhiozzo e l’altro.

Manuale di autoaiuto

by cristinadellamore

Questo post del 14 dicembre 2014, mi sembra veramente dolcissimo: preoccupazioni e cura reciproca, un grande amore per la nostra amica Cristina e la sua lei, Stella. Ancora non ho capito come si fa a rebloggare col nuovo sistema di WordPress, quindi ho copiato e incollato il vecchio post.

Mario Siniscalchi

Lei ha ripreso a lavorare, un lavoro completamente nuovo, da quello che posso capire dalla quantità di carte si porta a casa e nelle quali si immerge dopo cena, come ai vecchi tempi.

Il bello è che anche io ho cominciato a portarmi il lavoro a casa, e così ci dividiamo la scrivania di suo padre che in queste occasioni sembra sempre troppo piccola; mi hanno anche dato, in ufficio, un telefonino enorme, che uso anche come computer, e lei qualche volta alza gli occhi, soprattutto quando mi scappa qualche versaccio perché non riesco a fargli fare quello che voglio come se avessi le dita un po’ goffe.

Tutto questo dura fino a quando lei non butta tutto per aria, spegne con gesto deciso l’ultima sigaretta e decide che è tardi, è stanca e insomma, adesso basta. In realtà non le piace tanto, questo nuovo lavoro, lo capisco benissimo anche se non me lo ha ancora confessato; ma almeno non le crea i problemi che la hanno costretta a lasciare il vecchio.


Io so cosa devo fare: in genere a quell’ora sono tesissima, sto già cominciando ad organizzare mentalmente le attività del giorno dopo, e allora le chiedo di farmi il bagno; proprio così, come ad una bambina, manca solo che mi prenda in braccio per depositarmi nella grande vasca da idromassaggio ma sono troppo pesante per lei, ma per il resto mi spoglia, mi insapona, mi sciacqua, e alla fine mi avvolge in un enorme asciugamano, mi porta a letto e mi massaggia a lungo.

“Sento che ne hai bisogno, hai tutti i muscoli contratti”, dice spesso lei, prima di raggiungermi sull’asciugamano un po’ umido, “e ne ho bisogno anch’io”.

Scenario, parte decima

by cristinadellamore

Trovate qui il nuovo capitolo della storia fantasy della nostra amica Cristina. E qui di seguito la decima parte dell’affascinante storia in seconda persona.

Mario Siniscalchi

Scenario (10)

“Ci vorrà almeno un mese perché ritorni qui, e dopo un mese non ti riconoscerà neanche tua madre, figurati una che ti ha visto due volte chissà quanti anni fa”. Zero Diciotto si sbaglia, quell’aspirante era un cattivo soldato ed un pessimo ufficiale ma non era certamente stupida. Se può leggere i registri sa benissimo dove trovarti. Bene, ti dispiace per le compagne di squadra che adesso si stringono intorno a voi due per salutarvi ed augurarvi la buonanotte, in testa la ragazza dagli zigomi slavi che ti ha accolta a schiaffoni ed ora sembra molto meglio disposta, ma se la Strega ti becca è meglio saltare di sotto: già allora la sua scheda personale riportava una deprecabile inclinazione alla violenza nei confronti dei subalterni. E finalmente vi fermate in un angolo, ci sono degli sgabelli e Zero Diciotto si accomoda; tu ti guardi intorno sospettosa e capisci che non puoi sederti; un’occhiata della donna ti conferma che hai capito.

E infatti le altre donne quasi sfilano davanti a voi, come per prendere atto e confermare: appartieni a lei, e sei la benvenuta – finalmente – nel gruppo. Te lo dice la ragazza che stamattina ti ha dato il benvenuto a suon di schiaffoni, e ti dice anche che Zero Diciotto ti aiuterà a stare fuori dai guai e che è responsabile per te. Non ti piace molto, questo, ma capisci di aver bisogno di tutto l’aiuto possibile.

Del come e perché si è qui non si parla e non si chiede, basta il numero di matricola. Le ragazze invece ti raccontano liberamente le loro storie di prigionia, e ce n’è una che conosce la signorina bionda, la ha vista due volte quando è stata spostata per un turno alle meccaniche, il che significa far funzionare il mulino. Qui non c’è acqua, non c’è vento ma ci sono le prigioniere: le legano alle stanghe di una ruota e le fanno camminare in tondo, a turni di due ore. E se ti sembra facile, ti dice la più anziana del gruppo, corpo scolpito dalla fatica, capelli grigi raccolti in una treccia, occhi più grigi dei capelli, provaci un po’ tu. Dunque, la signorina bionda faceva la sua parte – lì le signorine non usano il manganello ma una lunga frusta, per ovvie ragioni – e colpiva dove faceva più male se le prigioniere rallentavano il passo, come tutte le altre. Alla fine, però, quando slegava le prigioniere, porgeva loro la sua borraccia e quasi sembrava volesse chiedere scusa.

“L’ho vista anche io”. È la caposquadra che interviene, e ti racconta una storia un po’ più complicata. Pare che sia tollerato un certo trattamento di favore per queste figure che servono a mantenere la disciplina ed a controllare che il lavoro scorra: una volta a settimana, la ragazzona slava si incontra con le sue pari per un pasto completo, una doccia calda e qualcos’altro, insomma qualche ora di riposo.

“Ovviamente siamo sempre controllate, e l’ultima volta c’era questa signorina bionda che sembrava a disagio, mi dava l’idea che avrebbe preferito essere da qualche altra parte. Alla fine della riunione è tradizione che una di noi renda omaggio alla signorina, ma lei rifiutò con molta gentilezza. L’unica, ne sono certa”. Bene, allora la signorina bionda è gentile, è obbligata a stare qui ed ha rubato qualche carezza solo a te. Provi a mettere insieme questi indizi ascoltando distrattamente le chiacchiere delle ragazze attorno a te, finché non senti di nuovo la voce della caposquadra che dice cinque minuti, ragazze, è ora.

Il fungo dell’amore

by cristinadellamore

Purtroppo non riesco a far ricomparire il tasto del reblogging. Copio e incollo il post pubblicato il 12 dicembre del 2014, un bozzetto delicatissimo, come tutti gli altri, in realtà. Ci regalava storie bellissime, la nostra amica Cristina.

Mario Siniscalchi

Sarebbe più una giornata da polenta, col vento freddo che muove i rami degli alberi davanti alle nostre finestre, ma non ho nessuna voglia di star lì a mescolare per venti minuti e più la farina precotta, quindi faccio una cosa diversa, approfittando di una giornata libera non prevista, e so che a lei piacerà: quando tornerà a casa, stanca e infreddolita, troverà un gradevole tepore ed il profumo dei funghi nell’aria, la vedrò sorridere, sentirò il sapore del suo bacio ed il tepore del suo abbraccio.

Una bella busta di porcini surgelati, per semplificare le cose, due spicchi d’aglio ed una noce di burro, tanto per cominciare; l’aglio rosola nel burro che si fonde e lo tolgo quando diventa scuro, aggiungo i funghi ancora surgelati ed il mezzo dado; non c’è bisogno di acqua, i funghi in qualche modo sudano.

Fiamma viva per venti minuti, dicono le istruzioni sulla confezione, e intanto passo le fettine di carne, pallidissima vitella, nella farina: non sono battute e non le batto, il nostro macellaio si fa pagare a peso d’oro, non a caso lo chiamiamo “Gioielliere”, e quello vende vale ogni centesimo di quello che costa.


Ci siamo, faccio rosolare rapidamente le fettine, le bagno con uno spruzzo di marsala e abbasso la fiamma dopo che l’alcol è evaporato per aggiungere una bustina di panna. Ora non resta che far rapprendere l’intingolo, ma non troppo, perché magari lei vorrà bagnarci un po’ di pane.

Lo scopo è raggiunto, il profumo è come deve essere, e infatti lei è stata felicissima di trovare questo piatto, pronto per essere mangiato. Tanto felice che ha preteso di imboccarmi proprio come farebbero gli uccelli: passando prima dalla sua bocca, la scaloppina ai funghi è addirittura diventata più buona.

Scenario, parte nona

by cristinadellamore

Nonostante la giornata di pioggia, ho aggiornato su Wattpad la storia fantasy della nostra amica Cristina.
Qui di seguito, invece, una nuova parte della storia incompiuta.

Mario Siniscalchi

Scenario (9)

Zero Diciotto è di ottimo umore. Ti prende sottobraccio e ti fa fare un giro della cella (o della camerata?) dicendo che non va bene restare ferme dopo la fatica del lavoro, bisogno tenere i muscoli in movimento e farli assorbire tutto lo stress della giornata. Per carità, è vero, lo sai anche tu, è la prima cosa che gli istruttori spiegano alle reclute in Accademia, ma sei stata un colonnello, hai comandato truppe di élite, sei stata molto vicina ad arrivare a far parte dello Stato Maggiore Generale, e insomma è chiaro che ti sta esibendo alle compagne: sei la sua preda e sei off limits per loro; comunque ti sta bene, anche perché ti sta raccontando un sacco di cose interessanti.

Dunque, dice Zero Diciotto, le signorine non restano mai a lungo di servizio in un settore o in un altro della prigione. Annuisci, ti sembra una buona scelta, certamente la stessa che avresti fatto tu: in un posto del genere, dove la disciplina è rigida e rigidamente imposta, è indispensabile impedire che si crei in qualche modo familiarità tra le guardie e le detenute. La donna è quindi da parecchio tempo, sempre alla stessa squadra, e così ha avuto modo di conoscerle tutte, o almeno quasi tutte. E tutte, o almeno quasi tutte, nei confronti delle prigioniere, esibiscono una gamma di comportamenti che vanno da un indifferente disprezzo ad un odio viscerale.

“Sei stata fortunata”, conclude Zero Diciotto, “ti fosse capitata la Strega la tua iniziazione sarebbe andata molto diversamente”. È toccato a quella che si è buttata di sotto, ti spiega la donna, ed è stato probabilmente quello che la ha convinta a farla finita. La avevano trovata proprio lì dove sei stata bloccata ti, è lì che si appostano le signorine quando è il momento, ma lei (“Sai che non ricordo neanche come si chiamava? Strano, io ho una grande memoria per i nomi, mi pare Sei qualche cosa”) non poteva neanche muoversi, avevano dovuto portarla a braccia fino alla branda ed imboccarla. Insomma, dalle poche frasi che quella poveraccia era riuscita ad articolare (“E’ rimasta in branda due giorni, abbiamo lavorato noi anche per lei, qui non c’è infermeria, niente cure mediche, non ce le meritiamo”) avevano capito che la Strega aveva esagerato, la aveva sodomizzata col pugnale; il terzo giorno si era in qualche modo rimessa in piedi ed il quarto si è buttata.

“La Strega non è fortunata, è brava ad entrarti qui dentro”, dice Zero Diciotto picchiandosi un dito sulla fronte, “aveva capito subito che quella ragazza non si sarebbe mai messa a rapporto con la Signora, si vergognava troppo. Comunque, quando è di servizio la Strega dobbiamo essere tutte molto più attente”. Poi ti descrive la Strega: alta quanto te, capelli rossi ricci, occhi verdi, labbra gonfie e rosse come se potesse usare il rossetto (“Qui è vietato anche per le signorine”), l’uniforme che sembra fatta su misura e mette in evidenza un seno da primato ed un culo alto e tornito. Insomma, bella e pericolosa.

“Due Settantuno, ci sei? A cosa stai pensando?”. Ha ragione la tua nuova amica ed attuale dominante di coppia, per un istante non sei più qui ma al campo invernale, quando eri in attesa della promozione a capitano; quella volta si mise a rapporto da te un’aspirante che corrispondeva proprio a quella descrizione, il cui desiderio di carriera non era purtroppo sostenuto dalle necessarie capacità. Non avrebbe mai dovuto mettere piede in Accademia, e come ci fosse riuscita ti fu ben chiaro il mattino dopo, quando la convocasti per farti spiegare come mai il suo plotone, unico tra tutti quella della compagnia, aveva sbagliato strada durante la marcia notturna. Tu rifiutasti l’offerta e l’aspirante dovette dimettersi la settimana successiva. In conclusione, se incontri la Strega sei una prigioniera morta.

Reblogging

by cristinadellamore

Decisamente non sono tagliato per queste cose. Sembra che sia sparito il pulsante “reblog”. E allora ripubblico così.

Mario Siniscalchi

Fräulein Doktor

Lei è tornata a casa ed è una specie di fantasma. Occhi lucidi, naso chiuso, pallidissima e con le occhiaie. E voce nasale.

“Scusami, ho dimenticato di comprare il dolce, vado subito”, mi ha detto, ed ho dovuto impedirglielo quasi fisicamente; insomma, l’ho abbracciata forte, lì nell’ingresso, e gentilmente trascinata verso il bagno, quello con l’enorme vasca idromassaggio che riserviamo alle grandi occasioni.

“Non sono malata”, ha provato a dire. Ed io ho risposto: va bene, facciamo finta di sì, giochiamo al dottore e all’ammalata, si spogli signorina, e non faccia storie.

Le ho strappato un sorriso, tra due colpi di tosse, e la ho aiutata a spogliarsi. Ogni volta che lo faccio è un colpo al cuore ed anche più in basso, ogni volta è come la prima volta per quanto è bella e quanto la desidero. E lei lo sa, ma stavolta non mi ha guardata come lei sa fare, ha anche barcollato un po’ ed è finita tra le mie braccia. L’ho sentita calda e tremante, qualche linea di febbre.

Acqua calda, è anche sudata, con le gentili bolle che mi danno sempre un fremito quando sono a mollo con lei, ma stavolta no, la ho aiutata a sedersi e ho controllato la temperatura mentre mi sono assicurata che non possa scivolare. Lo so, dovrei restare accanto a lei, ma ho altre cose da fare, sempre per lei.

Ho ben chiaro cosa devo fare: una tazza di brodo bollente, purtroppo con il dado, ed una generosa spruzzata di cognac. Due aspirine, una coperta sulle spalle e tanto amore.  E per fortuna il riscaldamento funziona alla grande, la casa è più che tiepida, ed io ho anche ritoccato la taratura dei termostati e ho dovuto togliere la giacca della tuta, sono rimasta solo con la sottile maglietta di cotone bianco e mi sono accorta che i capezzoli sporgono arroganti sotto il tessuto. Le piace, è una bella cosa: mi sono chinata più del necessario per porgerle la tazza e ho sentito la sua carezza, veloce e quasi timida, e allora le ho detto stia tranquilla, signorina, anche questo fa parte della terapia, ma prima beva questo.

“Devo ammalarmi più spesso, allora, dottore”, mi ha risposto ed in tre grandi sorsi ha mandato giù il brodo. Forse ho esagerato con il cognac, le sono comparse due macchie rosse sulle guance; ma no, non è colpa dell’alcol, è merito mio.

E allora mi sono sfilata i pantaloni della tuta e la ho raggiunta nella vasca: in scienza e coscienza, non conosco una medicina migliore.

Scenario, parte ottava

by cristinadellamore

Ho aggiornato la storia fantasy della nostra amica Cristina, il nuovo capitolo lo trovate, come al solito, qui.

Qui di seguito, invece, ancora una parte della storia incompiuta in seconda persona.

Scenario (8)

Incontri Zero Diciotto mentre barcolli lungo lo spiazzo che ora è deserto, cercando di evitare le lastre di ghiaccio e schivando i cumuli di rottami: ti è venuta a cercare e ti rivolge una specie di sorriso, ti fa segno di fermarti e ti prende sottobraccio. Immediatamente capisci che si è trattato di un rito di iniziazione, altro che gli schiaffoni presi stamattina dalla caposquadra, e prima che ti dica qualcosa le assicuri che è tutto a posto e che hai una gran fame e che sì, ricordi benissimo il tuo debito e sei pronta a pagarlo.

“Le signorine fanno sempre così con ogni ragazza nuova. A me ha fatto male perché non ero pronta, la signorina si è quasi scusata alla fine, quando ha visto un po’ di sangue sul manganello”, ti spiega Zero Diciotto lasciando che ti appoggi a lei mentre scendete lungo il corridoio che avete percorso al mattino, “perché possono farci tutto quello che vogliono ma non devono danneggiarci, quello è riservato alla Signora”. Godendoti il calore della donna al tuo fianco e la sua forza non ti trattieni e confessi che ti è piaciuto e non te lo aspettavi. Siete quasi arrivate nella camerata (o dovresti chiamarla cella? Ancora non hai deciso) e Zero Diciotto si ferma. Non siete ancora a portata di voce delle altre prigioniere.

“Strano”. La donna ti fissa negli occhi e tu, imbarazzata, abbassi i tuoi. “Ti immaginavo più dominante, e di rado mi sbaglio. Non dirlo a nessuna se non vuoi diventare il giocattolo della squadra”. Ti prende per il collare, ti attira a sé e ti bacia in bocca, infilandoti dentro una lingua incredibilmente lunga ed agile. “Questo vuol dire che abbiamo un piccolo segreto e che sarai il mio giocattolo, soltanto il mio”, aggiunge dopo aver staccato le labbra dalle tue. “E potrai bere gratis tutte le volte che vorrai”.

Segui Zero Diciotto come una cagnolina, ti metti in riga per rispondere all’appello e poi in fila per il rancio – una gamella di zuppa molto acquosa ed una fetta di pane un po’ ammuffita; fai per pagare il tuo debito e la donna ti fa cenno di no, era solo uno scherzo, allora. O forse no, ci pensi mentre mangi e ti chiedi cosa ti stia capitando adesso. Dopo tutto quello che hai passato cedi improvvisamente, così? Mastichi faticosamente il pane e pensi che Zero Diciotto aveva capito benissimo: tu sei sempre stata dominante, nella vita e nel sesso; pensi agli uomini e alle donne che hai avuto, e con cui sei sempre stata tu ad avere il controllo. Mandi giù la zuppa a sorsate e ricordi il colonnello delle Forze Speciali che hai iniziato al pegging e trasformato nella tua puttana personale, lui che aveva cominciato a farti la corte alla mensa ufficiali, quando eri un sottotenente di prima nomina, dicendo che il sesso più bello, per lui, era quello con una donna legata, bendata e con i segni della frusta sulla pelle. L’ultima volta che avete fatto sesso, prima che sparisse durante una missione all’estero, era stato felice di depilarsi completamente, di indossare calze di seta, reggicalze e scarpe con il tacco alto e sottile e di truccarsi accuratamente. Prima e dopo ce ne sono stati altri, e nessuno di loro può dire di averti avuta, sei sempre stata tu ad avere loro.

“Nonostante tutto abbiamo raggiunto la quota anche oggi”, dice intanto Zero Diciotto dopo aver leccato la gamella e raccolto con le labbra le ultime briciole di pane sul palmo della mano. Immagini sia una buona notizia, ed annuisci. Vorresti porre tante domande ma risparmi il fiato; sai benissimo che informazione è potere, e Zero Diciotto e le altre prigioniere più esperte ne condivideranno il meno possibile. Sai anche che di tutto quello che ti diranno dovrai fare la tara, con molta attenzione. Però almeno vorresti chiedere qualcosa della signorina bionda che forse si è interessata a te all’arrivo in questa prigione. Ci devi arrivare per gradi, e per prima cosa devi capire come sono organizzate le squadre delle prigioniere.

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