Domenica della Merla
by cristinadellamore
In una giornata gelida pubblico il nuovo capitolo della storia fantasy della nostra amica Cristina sul blog dedicato
Mario Siniscalchi.
In una giornata gelida pubblico il nuovo capitolo della storia fantasy della nostra amica Cristina sul blog dedicato
Mario Siniscalchi.
Ecco un’altra delle fantasie della nostra amica Cristina, pubblicata per la prima volta il 27 maggio 2015. La immagino mentre gioca con la sua lei – Stella – e moltiplica il piacere che le unisce.
Mario Siniscalchi
“Sono la tua segretaria, un’ochetta appena appena capace di rispondere al telefono e di stamparti le mail che tu non hai il tempo di scaricare. Ma sono, ovviamente, follemente innamorata di te, un grande manager giovane, bello e potente. Per te lavoro con altre due ragazze più o meno del mio stesso tipo, belle e stupide, ci alterniamo perché i tuoi orari sono assurdi. Stavolta mi è toccato il turno serale, ed è la prima volta, visto che sono qui da due settimane; la mia collega, quella bionda alta e magra che sembra un’indossatrice mi ha lasciato le consegne: niente telefonate, quando il caffè è pronto te lo devo portare nella tazzona americana, e basta, sei in teleconferenza con New York e non devi essere disturbato. La bionda se ne va un po’ barcollante sulle sue Louboutin, la macchina per il caffè suona, tocca a me. Prima di entrare liscio la gonna grigia e aderente sui fianchi, controllo la riga delle autoreggenti nere e slaccio anche il secondo bottone della camicetta bianca. Il caffè scotta nella tazza, lo prendi nero e amaro, entro facendo piano ma i tacchi a spillo delle mie decolté ticchettano sul marmo nero del pavimento del tuo enorme ufficio. Tu sei lì, davanti al computer, e parli fluentemente in inglese, e io ovviamente non capisco una parola. Sei bellissimo, giacca scura, camicia bianca, cravatta sobria perfettamente annodata, incredibile pensare che sei al lavoro da stamattina. Ti sei accorto di me, mi fai un cenno ed io deposito la tazza sulla scrivania restando alla larga dall’inquadratura; prima che possa fare un passo altro cenno, che significa resta qui. Adesso ascolti e prendi appunti, dall’altra parte dell’oceano arrivano cattive notizie perché, lo vedo, i tuoi splendidi occhi scuri diventano cupi, le tue labbra carnose si trasformano in una linea sottile. Non mi muovo, o meglio, un po’ sì, divarico leggermente le gambe e mi chino in avanti, la collega bruna mi ha raccontato che ti piacciono le tette grosse e le mie lo sono abbastanza, ho anche messo un reggiseno a balconcino che mi dona, me lo dicono tutti. Ma tu neanche mi guardi, spari una risposta secca in inglese e prendi la tazza, ti bagni appena le labbra. Per non guardarti troppo intensamente fisso sopra la tua testa, e mi specchio nella grande vetrata scura alle tue spalle accorgendomi di avere davvero un’espressione stupida, come se fossi in adorazione. Conosco i pettegolezzi dell’ufficio, dicono che ho preso il posto di una ragazza che si è dimessa dopo essere rimasta incinta ed è voce comune che il padre sei tu; io prendo la pillola, non mi importa. Continui a discutere, non capisco una parola, faccio il tifo per te e vorrei aiutarti, e faccio la prima cosa che mi viene in mente. Esatto, mi avvicino stando attenta a non entrare nel campo della webcam e scivolo sotto la tua scrivania. Non sono la prima a trovarmi qui, lo sento immediatamente, non sarò l’ultima, ma adesso ci sono io e mi piace, come mi piace come il tessuto costoso dei tuoi pantaloni ti fascia una coscia muscolosa, ci passo leggermente la punta delle dita e poi le unghie, e intanto studio la tua reazione. Ti piace, vedo che la patta si gonfia, e accidenti, ci sono i bottoni, ho bisogno delle due mani per aprirla. Lo faccio il più delicatamente possibile e mi trovo davanti un cilindro di carne più piccolo e floscio di quanto mi aspettassi. Ha anche un certo odore non proprio accattivante, da quanto tempo non fai una doccia? Non importa, qui starò benissimo, comincio con la lingua sulla punta, poi comincio a scorrere per tutta la breve lunghezza e sì, reagisci, diventi più duro ma non più grosso; meglio così, apro la bocca e ti inghiotto tutto, in un colpo solo. Mi piace così, posso tenerti dentro e ho ancora modo di muovere gentilmente la lingua, nelle orecchie la tua voce che dice parole che non capisco, stai ancora parlando in inglese mentre accetti il mio omaggio. Vorrei toccarmi mentre prendo ad andare avanti e indietro con la testa ma ho paura di morderti, mi concentro sul tuo piacere, il mio verrà dopo, mi basterà ricordare questi istanti, e improvvisamente mi riempi la bocca, è amaro, non finisce più, e dove ho sbagliato se hai fatto così in fretta? Ingoio freneticamente per non soffocare, mi stacco con riluttanza, ti do un ultimo bacio prima di riabbottonarti. Mi rialzo stando attenta a non sbattere la testa ed un lampo di consapevolezza mi fa barcollare: il mio lavoro qui è finito”.
Domenica molto fredda, ma la nuova parte della storia fantasy della nostra amica Cristina arriva puntuale.
Mario Siniscalchi
“Per prima cosa, alla prossima distribuzione del cibo, avverti le prigioniere che non dovranno parlare che nella lingua comune, anche tra di loro: a chi disobbedirà verrà ridotta la razione e, se recidiva, verrà frustata”. Yuri Leonidovic corrugò la fronte nello sforzo di ricordare l’ordine, e l’Elfa continuò: “Ancora più importante, quando formi le squadre chiama delle prigioniere a caso, senza seguire l’ordine nel quale le hai registrate. In questo modo non rischi di formare squadre che corrispondano ai loro manipoli”.
Era troppo per Yuri Leonidovic che scosse il capo come per schiarirsi le idee prima di rispondere: “Comanda, mia signora. Non ho capito, mia signora”.
“Mettiti a rapporto da Guionnen, prima di cambiare il gruppo di Streghe al lavoro. Ci penserà lui. E ordina alle prigioniere di lavorare più in fretta, non abbiamo tempo da perdere”.
I lineamenti squadrati dell’Uomo del Nord si distesero in una specie di sorriso:…
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Qualche volta pagare le tasse è bellissimo. Ne sembra convinta la nostra amica Cristina, almeno in questo post pubblicato per la prima volta il 24 maggio 2015.
Mario Siniscalchi
Lei ha passato nello scanner fatture e ricevute, bollette e documenti, e mandato tutto al commercialista, e mi guarda di sottecchi, comodamente affondata in poltrona, mentre affronto il sito dell’Agenzia delle Entrate. C’è il mio 730 precompilato, ma raggiungerlo è una specie di videogioco, mi sento molto Lara Croft alle prese con mostri vari e trabocchetti di ogni genere: quando l’azienda deciderà di offrirci un servizio del genere sarà sempre troppo tardi.
Dopo aver scansato una piscina piena di piranhas, o qualcosa del genere, raggiungo finalmente la mia dichiarazione dei redditi. Vediamo, c’è lo stipendio, ci sono le trattenute, mancano ovviamente le detrazioni. Lei mi ha spiegato cosa e come fare, ho raccolto tutti gli scontrini della farmacia in un mucchietto ordinato, e ho fatto la somma, due volte: ora devo capire come fare ad inserire il totale, e dove.
Non è ancora domenica di carnevale ma avevo le figlie a casa ed abbiamo mangiato le prime frappe (aka sospiri, chiacchiere, bugie), e poi ho pubblicato, come al solito, il nuovo capitolo della storia fantasy della nostra amica Cristina.
Mario Siniscalchi
“Allora, Geon, posso fare da sola, da qui in avanti”, disse Belladonna consegnando al suo subordinato un logoro sacchetto di cuoio. “Dì al tuo ufficiale di restituirmi la scarsella, è un ricordo che ho caro, e di non badare a spese: avrà la responsabilità della vita e della sicurezza del manipolo, ma sarà il cerusico a decidere cosa comprare”.
“Ho pensato che questo è un lavoro per Bruin, è bravo a trattare. Comanda, mia signora, il manipolo si muoverà non appena il cerusico sarà pronto”.
Belladonna salutò formalmente Geon e lo mise in libertà, prima di raggiungere nuovamente gli steccati dietro i quali erano tenute le Streghe. L’Elfa considerò la sistemazione e la trovò soddisfacente, soprattutto perché i suoi ufficiali avevano scelto un angolo della valle circondato da due torrentelli, ai quali, a piccoli gruppi, si potevano accompagnare le prigioniere per consentire loro di lavarsi e di attingere l’acqua in cui inzuppare la galletta della razione. Fu anche soddisfatta vedendo che altri gruppi di Streghe stavano già lavorando: abbattevano gli alberi destinati alla costruzione della sala per gli interrogatori, sotto la supervisione di un accigliato Yuri Leonidovic ed il controllo di un manipolo di lancieri armati fino ai denti e giustamente preoccupati, perché alle prigioniere erano state consegnate le accette a disposizione del manipolo di genieri che l’armata di Geon aveva incorporato prima di partire, seguendo le disposizioni dei manuali tattici dell’armata Elfica anche su quel punto. Si rese anche conto, con molta minor soddisfazione, che le Streghe erano inquadrate e guidate dai loro graduati, e avvicinandosi notò pure che le prigioniere si scambiavano ripetutamente frasi nel loro melodioso linguaggio.
L’Uomo del Nord salutò col polso alla fronte l’Elfa, e scattò poi in posizione di rispetto, gli occhi chiari fissi su un punto oltre la spalla destra di Belladonna, che rispose al saluto con la tipica negligenza del superiore davanti all’inferiore e chiese: “Yuri Leonidovic, tu parli la lingua delle Streghe?”.
L’aspirante sbarrò gli occhi prima di rispondere: “No, mia signora. Nessuno degli Uomini o degli Elfi la parla o la capisce”.
“E allora perché consenti loro di parlare la loro lingua? Potrebbero tramare proprio davanti a te per aggredirti, ucciderti e fuggire”.
Yuri Leonidovic sbarrò gli occhi per la paura; Belladonna non aveva ancora finito con lui, e non gli diede il permesso di rispondere: “Vedo”, disse, “che hai lasciato che le prigioniere ricomponessero i manipoli, agli ordini dei loro graduati. Anche questo è un ottimo modo per farsi ammazzare”. In realtà le poche frasi pronunciate dalle Streghe nella loro lingua, così come l’Elfa le aveva udite, erano più che innocue: una diceva all’altra di stare più attenta perché stava per farle cadere un albero addosso, e l’altra rispondeva scusandosi. “Le Streghe sono più di noi”, proseguì Belladonna in tono appena più gentile, “e si sono arrese non perché le abbiamo sconfitte sul campo ma perché abbiamo sfruttato i loro errori; cerchiamo di non commetterne a nostra volta”.
“Sì, mia signora. Comanda, mia signora”. Yuri Leonidovic si mostrò debitamente contrito, o forse già si vedeva fatto a pezzi a colpi di accetta dalle Streghe.
La nostra amica Cristina conosce i meccanismi della suspense, e lo dimostra con questo post, pubblicato per la prima volta il 23 maggio 2015.
Mario Siniscalchi
Il luminare, per qualche sua incomprensibile ragione, non ci riceve assieme. Lei passa per prima ed io ho tutto il tempo di attendere giocherellando nervosamente con la prima cosa che ho tra le mani, un rossetto trovato in fondo alla borsetta; non solo, lo studio deve avere due porte perché l’infermiera etiope o somala – nera, statuaria e con lineamenti bellissimi – compare all’improvviso e mi accompagna al cospetto del professore.
In questo periodo mi capitava di vedermi con la lei di Cristina – Stella – per farci gli auguri davanti ad un aperitivo. Lei mi raccontava qualche storiella per farmi capire bene quanto fosse felice, ma in realtà non ce n’era bisogno, bastava guardarla in faccia; e quando mi capitava di incontrare la nostra amica Cristina non mancavo mai di ringraziarla per quello che faceva.
Ho pubblicato anche oggi il nuovo capitolo della storia fantasy sul blog dedicato, e oggi non funziona il tasto di reblog, di nuovo, quindi se siete curiosi dovete seguire il link.
Mario Siniscalchi
Pubblicata per la prima volta il 20 maggio 2015, a dimostrazione del senso dell’umorismo della nostra amica Cristina.
Mario Siniscalchi
Ho ricevuto questa mail:
“Las nenas buenas van al cielo… y las malas… a todas partes!
Domenica di capodanno, io pubblico il nuovo capitolo della storia fantasy della nostra amica Cristina e vi auguro un 2023 sereno.
Mario Siniscalchi
L’Elfa si concesse una brevissima pausa e lasciò scorrere lo sguardo sugli ufficiali che la fissavano: il battaglione di Geon aveva ottenuto rincalzi dalle armate della capitale, e l’armata leggera di Verkonnen era composta da esploratori presi da ogni dove; lo squadrone di Lana Mastdottir era stato pure formato con manipoli sconosciuti e ignoti ufficiali, in aggiunta alle Barbare sopravvissute alla Battaglia della Foresta. Aveva altri ordini da dare, e prima avrebbe dovuto essere molto chiara.
“Amici, purtroppo non conosco tutti voi come un ufficiale in comando dovrebbe. Per i prossimi importanti incarichi saranno i vostri superiori a scegliere; Verkonnen, prima che l’armata si muova dovrai sgombrare il percorso, almeno per la distanza di due albe. Comincia prima che puoi e riferiscimi periodicamente: sei dispensato”.
“Comanda, mia signora. Sarà fatto immediatamente”. Il veterano dell’altra guerra salutò e quasi corse fuori.
“Lanas, il tuo squadrone ha subito delle perdite: ho due…
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