Scenario, parte terza
by cristinadellamore
Ho aggiornato anche oggi su Wattpad e trovate qui il nuovo capitolo della storia fantasy della nostra amica Cristina.
Qui di seguito la terza parte dell’incompiuta storia in seconda persona.
Mario Siniscalchi
Scenario (3)
“Molto bene, basta solo un po’ di incoraggiamento”. La signorina ti mette il manganello sotto il mento e ti costringe ad alzare il capo. Abbassi lo sguardo più che puoi, e meno male che sei più bassa di una decina di centimetri. Non sai se vale anche qui, ma non si guarda negli occhi un superiore e qui sei tu l’inferiore: a chiunque indossi una divisa e soprattutto non porti un collare.
“Allora, ispezione personale, avanti numero cinque, cominciamo da te”. È procedura standard, ovviamente, e venivi sottoposta alla stessa ispezione ogni volta che uscivi e rientravi in caserma durante il corso; se ne occupavano due ufficiali medici con i capelli grigi dei quali tutti i cadetti erano un po’ innamorati per la gentilezza e le buone maniere. Non osi pensare come potrà essere qui. Marica si muove a passi esitanti, forse ha ancora il fiato corto per la corsa, certamente ha paura; magari non ha idea di cosa significhi quel termine così neutro. Ti azzardi ad alzare lo sguardo e vedi una donna dai lunghi capelli grigi con addosso un camice bianco, poi vedi un tavolone di legno e infine Marica che ad un ordine della signorina ci si stende sopra di schiena e porta le ginocchia al petto. E poi senti Marica che lancia un grido, senti il tonfo del manganello sulla carne e Marica si azzittisce dopo qualche singhiozzo soffocato.
“Numero quattro”, “Numero tre”, “Numero due”, e più o meno è la stessa storia. Le altre ragazze non tornano in riga accanto a te, probabilmente la procedura di accoglienza finisce qui e sono state spedite chissà dove, in cella o in qualche camerata.
“Numero uno”, e adesso tocca a te; riesci solo a pensare che non devi urlare o piangere, ed in un lampo ti trovi sdraiata sul tavolo, il legno è ruvido e umido contemporaneamente e pensi vagamente a tutte le donne che si sono sdraiate qui sopra ed alle malattie che potresti prendere o che forse hai già preso durante la detenzione preventiva e gli interrogatori che iniziavano, inevitabilmente, con lo stupro di gruppo. La donna dai capelli grigi incombe su di te, ti guarda negli occhi con due profondi occhi neri, si lecca lentamente le labbra e altrettanto lentamente infila tre dita dentro di te, fino in fondo e senza preavviso. Non senti dolore, istintivamente hai piegato le gambe, alzato le ginocchia e spalancato le cosce e in fondo le dita della donna sono più sottili di tutto quello che ti hanno infilato lì dentro dall’arresto agli interrogatori, dal processo alla condanna.
La donna fruga ancora un po’ sempre guardandoti negli occhi poi esce da te con un sorriso, scuote il capo e ti infila due dita dietro, con tutta la sua forza. Ti mordi le labbra. Forte, fino a sentire il sapore del tuo sangue; così riesci a sostenere lo sguardo della donna che si lecca di nuovo le labbra, spinge e scava con foga ma con metodo lì dove sei più sensibile. Capisci che a questa donna piace fare del male ed ha una grande esperienza; molto probabilmente è davvero un medico. Riesci anche a non piangere come ti sei imposta di fare. E quando la donna toglie finalmente le dita ti senti assurdamente fiera di te. Poi te ne vergogni e ti spaventi, perché ti sei appena fatta una nemica, e non ne hai certamente bisogno. Lo capisci perché la donna ti guarda sempre negli occhi e cogli un luccichio che può solo significare guai in vista; dovrai restare qui per un tempo molto lungo e non le mancheranno le occasioni per fare le sue vendette.
“Avanti numero uno, di corsa”. L’ordine della signorina è secco ma senti il sorriso nella voce, forse la donna dai capelli grigi non è così popolare nemmeno tra il personale in servizio. Corri lungo un altro corridoio scavato nella roccia viva di questa montagna fino a quando sbuchi in una camerata che assomiglia a quella della Scuola Allievi Ufficiali, con le brande a castello ed i piccoli armadietti, l’odore di disinfettante e di sudore. Soltanto, non ci sono finestre, le porte hanno le serrature all’esterno e le donne in doppia linea di fila, contro la parete in fondo, non indossano l’uniforme da campo o quella da fatica ma solo un collare come il tuo. Capisci che sei stata assegnata qui ed il tuo l’addestramento prende il sopravvento, ti fa scattare sull’attenti e presentarti alla ragazza che sta facendo l’appello, nuda come le altre ma rivestita di una certa autorità. Rasata a zero, gli occhi azzurri e gli alti zigomi da slava, ti sovrasta di almeno quindici centimetri, e tu sei una donna alta, eri la più alta del tuo corso. La ragazza quasi ti ride in faccia e prima di dirti qualcosa ti squadra dalla testa ai piedi e non sembra contenta di quello che vede.