Mentre risalivamo per la scala a chiocciola sentivo distintamente il peso sul culo degli occhi del biondo, che mi seguiva molto da vicino: c’è gente così, al tipo basso e atticciato piacciono le tette, a quest’altro il culo e insomma in questo gruppo ho fatto l’en plein. Non ci penso più perché rimango sorpresa quando il nazista spalanca di nuovo le porte del salone che con la velocità del lampo è stato trasformato in una sala da pranzo con un bel tavolo rotondo elegantemente apparecchiato e le cameriere già in piedi dietro ogni sedia che ci accolgono con una riverenza perfettamente contemporanea; vivere così per più di un paio di giorni farebbe decisamente miracoli per l’autostima, mia e di chiunque, penso sorridendo a fior di labbra, e per un istante non penso a lei, laggiù, al buio, al freddo, per tutta la notte. Il potere è pericoloso.
Non ci sono posti assegnati ed è giusto così, nessuno può dire ai Dom cosa devono fare. Ci sistemiamo dopo una brevissima consultazione ed io mi trovo tra il cinquantenne ed il tipo atticciato, davanti a me la rossa e il biondo. La cameriera assegnata al mio posto è una biondina pallida e sottile, quasi efebica con i capelli tagliati molto corti, che mi sposta la sedia, mi versa un bianco fin troppo profumato e fa di tutto per farsi notare. Non ho il minimo interesse ma il gioco mi diverte e tra una chiacchiera e l’altra con il cinquantenne, in attesa di qualcosa da mangiare, provo a flirtare dimostrando di essere in qualche modo attratta dalle particolarissime grazie di questa ragazza che risponde ai miei sorrisi con battiti di ciglia e sfioramenti. Il cinquantenne deve essersi in qualche modo accorto del doppio gioco in corso e in qualche modo mi dà una mano avviando la stessa operazione con la sua cameriera, una bruna molto formosa probabilmente senza reggiseno.
Il tipo atticciato non sembra interessato alle nostre chiacchiere: mi accorgo che si dedica a quello che ha nel piatto e, tra un boccone e l’altro, alle tette della rossa e della cameriera alle sue spalle. Tette a parte la cena non merita particolare attenzione: un menù anni ’80, con tanta panna che ammazza tutti gli altri sapori, e vini di scarsa qualità. Meglio indubbiamente le tette, per chi è interessato, e meglio ancora la conversazione: il cinquantenne mi ricorda un po’ lei, parla a voce bassa, narra in maniera gentile e leggera e in realtà insegna senza farlo notare, sembra un Dom da spot pubblicitario, quasi troppo bello per essere vero; io so che ne esistono, a cominciare da lei cui stasera continuo ad ispirarmi – forse sono un po’ troppo ieratica e distaccata, ci devo lavorare – e non ho bisogno di essere convinta. Dunque, mi racconta della sub che chiama “allieva” ed io bevo ogni parola, chiedendomi con un angolino del cervello se stia dicendo la verità o raccontando tante balle per affascinarmi e portarmi a letto. Sì, perché in fondo l’idea è che stasera i Dom si divertiranno in qualche modo tra di loro, ed anche a questo gioco dobbiamo giocare. Cosa conto di fare, mi chiederete. Ecco, io devo capire cosa provo rivestendo questo ruolo, e ancora non ci riesco perfettamente; mi rendo conto che ho desiderato la sub abbronzatissima e magra, e che questo Dom non mi è indifferente e che mi sta raccontando che ha una gran voglia di una pratica di cui ho già sentito parlare, cioè liberare la sub in un bosco e darle la caccia. Per me è completamente nuovo, assurdo e spiazzante, poi penso a quanto mi piace passeggiare in Basilicata, nelle campagne subito fuori del paese, mano nella mano con lei, e riconsidero con un certo interesse la cosa. Magari possiamo farlo anche noi, come una partita di nascondino: a lei, ed anche a me, spogliarsi all’aperto e all’aperto fare l’amore piace tantissimo. Risparmieremmo anche le spese che mi sta elencando il Dom, forse per scoraggiarmi: mimetica, anfibi, fucile da softair.
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