Solo per amore

La vita, l'universo e tutto quanto

Mese: settembre, 2014

Adelante, una donna al volante

by cristinadellamore

Sì, perché io non ho la patente e non ho mai provato a guidare niente di più complicato di un triciclo, ma questa cosa deve finire, e allora cominciamo con ordine partendo dalla patente per le moto. No, non il patentino, quella per le moto vere.

Lei con grande pazienza ha cominciato a darmi le lezioni pratiche, ma per prima cosa mi ha chiesto di stare attenta a quello che fa quando viaggiamo assieme, ma cosa volete, adoro starle abbracciata ed è difficile pensare ad altro.

E allora, tardo pomeriggio di fine estate, casco ben allacciato, una strada tranquilla e la moto che aspetta, appollaiata sul cavalletto, il motore che ronfa e scoppietta al minimo.

Prima lezione, tirarla giù senza farsela rovinare addosso, e allora un piede a bloccare il cavalletto, due dita sulla leva del freno, e accidenti quanto è pesante.

Seconda lezione, salire in sella. Questo non è uno scooter, la inclino leggermente verso di me e scavalco.  Barcollo anche un po’, ma metto i piedi per terra e recupero l’equilibrio.

Terza lezione, partenza. In teoria so cosa devo fare, ci penso su mentre la moto  vibra tra le mie gambe, mi sembra in maniera diversa da quella cui sono abituata stando sul sellino posteriore. Per mettere la marcia devo togliere un piede da terra, lo faccio con attenzione inclinando la moto dall’altra parte, poi tiro la leva della frizione e do un calcetto al pedale del cambio. La moto sussulta, il motore perde un colpo e poi si riprende. Non posso restare per l’eternità così: lei è accanto a me, due passi più in là, magari per prendermi al volo se combino un pasticcio, sorride gentile e mi fa segno di provarci. Leggerissimo movimento di polso e lentamente lascio andare le dita della mano sinistra.

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In libreria

by cristinadellamore

Ho approfittato della pausa pranzo per curiosare tra i libri, oggi.

La casa in cui vivo ne è piena, lei spesso ne compra, li legge e me li passa, e quando non ce ne sono di nuovi si ferma davanti agli scaffali che occupano una intera parete e traboccano per cercarne uno e la sento brontolare che accidenti, sono sicura che è qui, dove può essere finito, poi lo trova e corre a darmi un bacio per la soddisfazione.

Ma ho imparato che i libri non bastano mai, e che danno dipendenza: domani lei comprerà l’ultimo romanzo di Stephen King, e allora anch’io oggi ho voluto prendere qualcosa e ho comprato il nuovo romanzo di Ken Follet, più di mille pagine, ed è l’ultimo di una trilogia.

C’era un bel po’ di gente, ma quasi tutti guardavano, sfogliavano, commentavano – erano in coppia, generalmente – e se ne andavano a mani vuote.

Così ho avuto modo e tempo di chiacchierare con la cassiera, una bella signora con una gran testa di riccioli rossi, che mi ha detto che è vero, c’è tanto movimento ma in realtà i libri si vendono a natale ed a fine luglio, più o meno: sono quelli i periodi in cui c’è più movimento.

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Nuovi personaggi

by cristinadellamore

E insomma, ecco spiegato perché ho ribloggato ieri

Capitolo 6 – Decisioni (2)

by cristinadellamore

Rebloggo, magari poi vi spiego il perché

Se telefoninando

by cristinadellamore

Allora, no, non siamo andate a fare la coda per tutta la notte davanti al negozio per comprare un nuovo costosissimo aggeggio che magari non riusciremmo neanche ad usare come si deve, però a lei serviva un telefonino nuovo.

A me no, in ufficio mi hanno dato un telefonino di servizio con cui riesco a malapena a telefonare, anche perché è così grosso che faccio fatica a tenerlo in mano e in compenso può essere comodissimo come vassoio per servire il caffè la mattina o come tagliere per affettare il pane.

Quindi, girando alla larga dalla pazza folla siamo andate in uno di questi grandi centri di vendita di elettronica di consumo e, per un colpo di fortuna, abbiamo trovato un commesso gentile; o meglio, non è stato un colpo di fortuna, con la scusa del caldo avevamo slacciato ben più del primo bottone della camicetta, e sappiamo bene l’effetto che fa sui maschietti un po’ nerd.

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Ricette regionali

by cristinadellamore

Lei è venuta, come sempre, a prendermi all’uscita dall’ufficio. Come sempre, l’ho abbracciata stretta, seduta dietro di lei sulla moto, e mi sono lasciata portare.

Dopo qualche minuto, mi sono accorta che aveva cambiato strada; poco male, lì dov’ero, avrei potuto restare per ore, per giorni, per mesi, per anni, con il suo corpo tra le mie braccia.

Dal diverso ritmo dei sobbalzi mi sono resa conto che stavamo dirigendoci verso le viuzze del centro, ancora più dissestate delle altre strade di Roma. Poi, con un ultimo colpo di gas, ci siamo fermate in una piazzetta purtroppo piena di automobili parcheggiate, e ha spento il motore e abbassato il cavalletto laterale della bicilindrica.

Un’insegna che parlava di Sardegna, un negozietto un po’ soffocante, una coppia di romani simpatica, e allora culurgiones, seadas, Carignano, filu ‘e ferru e pabassinas: non vi dico il totale, a peso d’oro, abbiamo ripianato anche il deficit delle compagnie di navigazione dell’Isola, mi sa.

Poi a casa, un’occhiata alle ricette su internet e via alla cena. Abbiamo cucinato e poi mangiato, e sempre lei mi ha guardata con quegli occhi resi ancora più profondi e magnetici dall’amore e dal desiderio che non manca mai di accendere anche in me.

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Senza l’ombrello

by cristinadellamore

Lei era rimasta senza sigarette.

Aveva appallottolato il pacchetto vuoto con un gesto di stizza, mi aveva dato un fuggevole bacio sulle labbra e così com’era, canottiera e shorts, era uscita quasi di corsa, nel buio incipiente di un pomeriggio che era diventato cupo per i nuvoloni neri che si stavano addensando.

Due minuti, e le finestre avevano preso a tremare: tuoni su tuoni, poi il picchiettio della pioggia, sempre più forte ed intenso. Devo andarle incontro con l’ombrello, ho pensato, altrimenti si bagnerà.

Il tempo di mettere qualcosa addosso, oltre alla lunga maglietta che in genere indosso in casa, ed era notte, era freddo, era bagnato.

Il tempo di arrivare alla porta di casa ed ho sentito la serratura scattare e lei era lì, bagnata dalla testa ai piedi. L’ho abbracciata, mi sono bagnata anch’io ma non aveva importanza.

“Mi aiuti ad asciugarmi?”, mi ha chiesto, ed io mi sono messa a piangere. Di gioia.

Ho fatto molto di più.

Quattro passi

by cristinadellamore

Abbiamo affrontato le sconnesse strade del centro di Roma sottobraccio.

Per una volta lei non ha avuto voglia di guidare, e ci siamo affidate ai trasporti pubblici, cogliendo l’occasione, per un pomeriggio dedicato non allo shopping ma alla semplice curiosità, di indossare non i soliti jeans ed i soliti mocassini, ma un abito lungo fino ai piedi e tutto spacchi lei, camicetta e gonna dritta al ginocchio io, e tacchi importanti, sottili i suoi, un po’ più larghi i miei.

Niente selfie nel quadrilatero tra via del Corso e Piazza di Spagna, ma i nostri telefonini hanno immortalato, nelle vetrine, quello che più ha colpito la nostra fantasia, con il cartellino del prezzo bene in vista. Finiranno, le foto, in un angolo della memoria per essere tirate fuori al momento dei saldi.

Solo che ad un certo punto, io non ho resistito, e lei mi ha accontentata: un abituccio a trapezio molto anni Sessanta, molto Swinging London.

Le ho giurato che lo avrei indossato solo per lei, e senza niente sotto, e lei mi ha risposto: “Allora sbrighiamoci a tornare a casa”.

Neri e lucidi

by cristinadellamore

Li ho comprati.

Una sorpresa per lei, gli stivali, davvero eccessivi e spettacolari. Alti fino al ginocchio, aderenti e fascianti, con un tacco sottile ed interminabile, la punta arrogante, e ovviamente di cui cuoio nero.

Costavano uno sproposito, e sono stati un mio regalo per lei. O meglio, io con quelli addosso e nient’altro sono stata il regalo.

Mi sono fatta trovare così, rincantucciata sotto lenzuolo e copriletto, nonostante il caldo, lasciando visibile solo un ciuffo dei miei nuovi capelli rossi ed ondulati, che la hanno davvero stregata.

Lei usciva dalla doccia, aveva un asciugamano sui capelli e nient’altro, e anche nella luce un po’ così delle lampadine a risparmio energetico era bellissima e profumava della saponetta che usiamo assieme ma che sulla sua pelle in qualche modo è diversa, ancora più buona.

Sentii la familiare stretta nella pancia, come una mano che gentilmente frugasse nello stomaco: amore, desiderio, e sollievo perché come io avevo scelto lei, lei aveva scelto me.

“Già dormi, amore?”, mi chiese prima de sedersi sull’orlo del letto. “Peccato, ho una sorpresa per te”.

Ve l’ho detto, che riesce sempre a sorprendermi? E sì che io volevo sorprendere lei. Ma non ce la feci a resistere, schizzai su buttando via le coperte e mostrandomi a lei non proprio come avrei voluto.

“Ecco, la sorpresa è che io mi aspettavo la tua”, mi disse con il sorriso che tanto amo, quello che prelude alle sue carezze, “e non è una sopresa che sei bellissima e che ti desidero”.

E, come sempre, non spense la luce.

Sulla strada

by euro150

No, Jack Kerouac non c’entra.

C’entrano le ragazze che, tra l’altro ma non solo, stazionano sotto i miei balconi, ogni sera ma anche di giorno, e di più nel fine settimana, carne giovane in vendita a pochi centesimi al chilo.

Le auto si fermano, una breve trattativa nell’italiano basico che qualcuno ha insegnato loro, e poi via, in una qualche strada secondaria, tra gli alberi e le siepi di questa zona che vanta molto verde.

Allora, ci sono due modi di affrontare la questione. Il primo è quello di costringere almeno queste ragazze a vestirsi più di una valletta televisiva media, così almeno non sembrano puttane, ed a raccogliersi vicino alle fermate dell’autobus (Ricordate la vecchia barzelletta raccontata da Gino Bramieri?). E’ quello che è stato applicato a Roma negli ultimi cinque anni, e non è che abbia risolto il problema.

Il secondo è più complicato e di non facile applicazione: liberare queste ragazze. E sì, perché questa idea sembra buona ma non lo è. Magari non avrò tanto movimento sotto casa, ma l’umiliazione di stare lì, esposte come sul bancone di una macelleria, non sarà loro risparmiata. E soprattutto, non sarà risparmiata loro la presenza di quelli che grazie al loro corpo vivono, e vivono bene.

Piccola ma necessaria digressione: prostituirsi non è reato. E’ reato guadagnare illecitamente sul corpo delle donne, ma chissà come mai di questo si parla meno; forse perché gli sfruttatori non si accomodano in abiti succinti sul marciapiede.

Intendiamoci, la soluzione del problema non può essere affidata ai sindaci o ai presidenti di Circoscrizione. Bisogna mettere mano alla legge del 1958, roba del millennio scorso, invece, e prevedere che le ragazze possano organizzarsi, lavorare assieme, in un appartamento, per maggiore sicurezza ed igiene, per conservare la propria dignità, e magari assumere una guardia giurata per evitare aggressioni e violenze.

Sento già le urla scandalizzate dei benpensanti: questo significa legalizzare la prostituzione. Leggere due capoversi sopra, grazie. Significa, semplicemente, riconoscere che finché ci sarà qualcuno disposto a pagare per il sesso, ci sarà qualcuno disposto ad incassare. E non è meglio che ad incassare siano le ragazze invece delle mafie che le sfruttano? A questo proposito, leggete un po’ qui, magari.

Altrimenti ditelo pure, le cose vi vanno bene così, abbondanza di offerta, prezzi bassi, e l’unico rischio è che vostra moglie si accorga di quel profumo dozzinale che si sente in macchina.

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