Scenario, parte decima

by cristinadellamore

Trovate qui il nuovo capitolo della storia fantasy della nostra amica Cristina. E qui di seguito la decima parte dell’affascinante storia in seconda persona.

Mario Siniscalchi

Scenario (10)

“Ci vorrà almeno un mese perché ritorni qui, e dopo un mese non ti riconoscerà neanche tua madre, figurati una che ti ha visto due volte chissà quanti anni fa”. Zero Diciotto si sbaglia, quell’aspirante era un cattivo soldato ed un pessimo ufficiale ma non era certamente stupida. Se può leggere i registri sa benissimo dove trovarti. Bene, ti dispiace per le compagne di squadra che adesso si stringono intorno a voi due per salutarvi ed augurarvi la buonanotte, in testa la ragazza dagli zigomi slavi che ti ha accolta a schiaffoni ed ora sembra molto meglio disposta, ma se la Strega ti becca è meglio saltare di sotto: già allora la sua scheda personale riportava una deprecabile inclinazione alla violenza nei confronti dei subalterni. E finalmente vi fermate in un angolo, ci sono degli sgabelli e Zero Diciotto si accomoda; tu ti guardi intorno sospettosa e capisci che non puoi sederti; un’occhiata della donna ti conferma che hai capito.

E infatti le altre donne quasi sfilano davanti a voi, come per prendere atto e confermare: appartieni a lei, e sei la benvenuta – finalmente – nel gruppo. Te lo dice la ragazza che stamattina ti ha dato il benvenuto a suon di schiaffoni, e ti dice anche che Zero Diciotto ti aiuterà a stare fuori dai guai e che è responsabile per te. Non ti piace molto, questo, ma capisci di aver bisogno di tutto l’aiuto possibile.

Del come e perché si è qui non si parla e non si chiede, basta il numero di matricola. Le ragazze invece ti raccontano liberamente le loro storie di prigionia, e ce n’è una che conosce la signorina bionda, la ha vista due volte quando è stata spostata per un turno alle meccaniche, il che significa far funzionare il mulino. Qui non c’è acqua, non c’è vento ma ci sono le prigioniere: le legano alle stanghe di una ruota e le fanno camminare in tondo, a turni di due ore. E se ti sembra facile, ti dice la più anziana del gruppo, corpo scolpito dalla fatica, capelli grigi raccolti in una treccia, occhi più grigi dei capelli, provaci un po’ tu. Dunque, la signorina bionda faceva la sua parte – lì le signorine non usano il manganello ma una lunga frusta, per ovvie ragioni – e colpiva dove faceva più male se le prigioniere rallentavano il passo, come tutte le altre. Alla fine, però, quando slegava le prigioniere, porgeva loro la sua borraccia e quasi sembrava volesse chiedere scusa.

“L’ho vista anche io”. È la caposquadra che interviene, e ti racconta una storia un po’ più complicata. Pare che sia tollerato un certo trattamento di favore per queste figure che servono a mantenere la disciplina ed a controllare che il lavoro scorra: una volta a settimana, la ragazzona slava si incontra con le sue pari per un pasto completo, una doccia calda e qualcos’altro, insomma qualche ora di riposo.

“Ovviamente siamo sempre controllate, e l’ultima volta c’era questa signorina bionda che sembrava a disagio, mi dava l’idea che avrebbe preferito essere da qualche altra parte. Alla fine della riunione è tradizione che una di noi renda omaggio alla signorina, ma lei rifiutò con molta gentilezza. L’unica, ne sono certa”. Bene, allora la signorina bionda è gentile, è obbligata a stare qui ed ha rubato qualche carezza solo a te. Provi a mettere insieme questi indizi ascoltando distrattamente le chiacchiere delle ragazze attorno a te, finché non senti di nuovo la voce della caposquadra che dice cinque minuti, ragazze, è ora.