Cavalieri e principesse (in pericolo) – Seconda parte

di cristinadellamore

(Segue da qui)

Tiro un bel respiro di sollievo, approfitto di una specie di piazzetta e mi fermo per consultare il telefonino. Trovo un messaggio di lei che mi manda un bacio prima di entrare in riunione, due chiamate perse dall’ufficio e l’indicazione che ci sono ancora dieci chilometri e che la mia destinazione è sulla sinistra. Ho tutto il tempo ma non ho voglia di togliermi di dosso l’armatura per prendere un caffè, quindi mi limito a richiamare il segretario/receptionist/factotum: data l’aria che tira in azienda meglio essere fin troppo ligi e disciplinati ed applicare il buon vecchio principio secondo il quale se non puoi contraddirli accontentali anche troppo.

Alla fine, mi sgolo perché sì, sono da una parte ma il traffico c’è sempre, e non è leggerissimo, solo per sentirmi dire che non avendo visto la mia timbratura si chiedevano che fine avessi fatto, e sì che nella mia agenda pubblica l’appuntamento è segnato e ben visibile. Niente da fare, anche questo è un segnale dell’aria che tira; in altri tempi ci avrei visto rosso ed azzannato qualche giugulare, e non solo metaforicamente, adesso mi limito a respirare profondamente ed a far buon viso a cattivo gioco: non è un approccio zen ma poco ci manca. Così incasso i colpi e lascio il cervello un po’ divagare anche e soprattutto quando il segretario/receptionist/factotum mi passa il direttore commerciale che mi impartisce un bel cazziatone sulla necessità di condividere le informazioni. Me lo immagino col sorriso soddisfatto per l’esercizio arbitrario del potere, e con la riccia disciplinatamente accovacciata sotto la scrivania a raddoppiare le soddisfazioni di un maschio arrogante.

Il cazziatone si conclude con l’ordine di tornare in ufficio prima possibile: io dico sì, chiudo la telefonata e non ci penso neanche. Sarà un incontro lungo e faticoso, e ho già deciso che poi punterò verso il centro con tutta la calma necessaria, per raggiungere lei e trarla in salvo dalla riunione importante: farò a indossare a lei i pantaloni impermeabili perché con quella gonna non può decentemente salire sullo scooter, nemmeno seduta all’amazzone, e la porterò a mangiare da un mio cliente, una trattoria toscana di poche pretese e tanta sostanza. Così sarà anche un validissimo incontro post-vendita.

Bene, anzi male, perché quando riparto mi accorgo di essere in ritardo e per di più ricomincia a piovere; non solo, la provinciale è sconnessa, viscida e piena di buche: la avevo già percorsa, ma imboccandola dall’autostrada, per un altro appuntamento, e quel tratto mi era sembrato in migliori condizioni. O forse era anche una giornata dal clima più mite, e insomma non posso aumentare la velocità per gli ultimi dieci chilometri, ed io detesto essere in ritardo, fa anche una brutta impressione sui clienti.

D’accordo, ci provo, e ci rinuncio subito dopo un paio di sobbalzi anche troppo forti ed una mezza slittata in pieno rettilineo, devo aver preso una pozzanghera: meglio arrivare un po’ in ritardo che non arrivare, e intanto la pioggia rinforza ed il cielo si fa sempre più nero, fine marzo ma sembra dicembre, però con una temperatura che si è fatta sempre più mite ed io mi trovo a sudare sotto gli strati di tessuto tecnico. Magnifico, mi toglierò il casco ed il mio caschetto blu sembrerà una specie di mocio Vileda, accidenti.