Illuminazioni
di cristinadellamore
“Ti ricordi quando avevo voglia di cenare a lume di candela, amore?”. Lei mi accarezza con la voce e con lo sguardo, e infine anche con le dita che mi passa sul dorso della mano. Siamo a tavola in mezzo a tanta gente, un folto gruppo di amici, ed io improvvisamente mi sento avvampare: arrossisco e contemporaneamente mi bagno. Sì, perché era una cosa che facevamo ai primi tempi della nostra vita insieme, quando l’unico come che avevo per dimostrare il mio amore per lei era accontentarla in tutto, esaudirne i desideri e dare corpo a tutte le fantasie che a lei venivano in mente. E mi piaceva. La pizza che lei mi ha affettato e che sto mangiando può diventare anche gelata: io ritorno con la mente a quelle sere, quando lei tornava a casa e mi trovava in decolté e autoreggenti, oppure con il bustino che mi aveva regalato e che ogni volta provavo a stringere un po’ di più, ricevevo un bacio ed un affettuoso sculaccione, che mi rendeva assurdamente fiera del mio culetto che ancora non aveva cominciato a conquistare i benefici della corsa quotidiana, e la aiutavo a spogliarsi, a fare la doccia ed a cambiarsi: era pronto per lei, ben stirato, un abito elegante, scollato, con gli spacchi, ed avevo anche lucidato a dovere le chanel preferite.
“Si raffredda, amore”. Lei mi incoraggia a mangiare, mi imbocca con l’ultima fetta e mi avvicina alle labbra il boccale di birra, ma io continuo a ricordare. Mi sembra di vederla, nel casino di questa pizzeria con qualche pretesa, la tavola già apparecchiata con un solo coperto nella sala da pranzo delle grandi occasioni, con tovaglia di Fiandra, piatti Ginori, posate d’argento e bicchieri di cristallo. Lei stappava una bottiglia importante, in genere un vino bianco importante che meritava il cestello argentato ed il ghiaccio, io portavo a tavola la cena.
“Ci stai pensando, amore? Lo sapevo”. Lei mi guarda negli occhi e mi accarezza gentilmente il fianco, cercando un varco tra jeans e maglioncino, il tocco che sempre, dal primo momento, mi ha sempre dato fuoco. Fuoco che diventa più forte mentre continuo a ricordare, no, proprio a rivivere quelle serate. Una volta servita lei io mi prosternavo sul tavolo, le mani dietro la nuca, il culetto in altro, le gambe aperte e lei dopo qualche carezza, prima mi infilava gentilmente due dita dentro, per farmi rilassare, poi mi sodomizzava con una grande candela rossa, godendo del mio sobbalzo e del mio urletto misto tra dolore e piacere. Lei a quel punto accendeva la candela, spegneva la luce e mangiava compitamente, mettendoci tutto il tempo che ci voleva; nel frattempo si riscaldava e la cera cominciava a colare, e intanto lei tra un boccone e l’altro mi premiava con qualche carezza. Alla fine, lei svuotava piatto e bottiglia: se ero stata brava mi meritavo il piacere da prendere proprio con quella bottiglia, ma senza rinunciare alla candela.
“C’è una bella bottiglia in fresco, amore. Quando arriviamo a casa ti va di aiutarmi a creare l’atmosfera adatta per apprezzarla?”. Ma certo che sì, che domande.