Ruoli

di cristinadellamore

Lei lavora a casa il più possibile e mi fa sentire un po’ in colpa. Mi spiego: lo fa per me, per farsi trovare a casa quando arrivo dal lavoro, sempre più tardi, sempre più stanca, e finisce che lavora il doppio, perché il tempo che risparmia sugli spostamenti nel traffico lo mette a profitto, come dice lei, e lo passa con il naso sulle carte. Diciamo che qualche volta ci sono delle controindicazioni, come questa domenica: non è stato possibile fissare l’incontro con i clienti in un giorno meno sacrificato, e quindi sarà lunedì mattina, per di più indecentemente presto sia per un avvocato che per gente molto ricca.

“Purtroppo, amore, dovrò passare la domenica a limare le ultime clausole degli accordi, questi signori hanno davvero tanti soldi e si preoccupano del futuro, quindi vogliono mettere più paletti possibile per quando non ci saranno più”. Ho avuto un piccolo brivido, in effetti stiamo parlando di una specie di testamento, mi sembra sempre che porti sfortuna.

Insomma, tutto questo per dire che stamattina, dopo la corsa e la doccia e visto che fa un freddo cane, lei ha infilato un vecchio maglione del padre, i pantaloni della tuta più pesante che ha trovato e spessi calzettoni di lana prima di immergersi nei documenti che hanno invaso il tavolo che teniamo in un angolo del soggiorno. La vecchia scrivania sarebbe libera, dal momento che la cugina è col professore, ma lei rispetta gli spazi altrui, ed anche questa è una lezione per me.

Ho promesso di fare la brava e mi aspetto una meritata ricompensa: fare la brava significa lasciarla lavorare, rifare il letto come si deve dal momento che ieri sera lo abbiamo un po’ devastato ed occuparmi della cucina. Quindi tuta anche per me, e purtroppo me la sbrigo anche troppo in fretta: per il menu di oggi ho previsto un bel minestrone di verdure arricchito – è sempre domenica, ci meritiamo una piccola gratificazione – da una generosa dose di pancetta a dadini, che una volta avviato potrà bollire ed arrivare a fine cottura senza il mio intervento.

Inganno un’altra mezz’oretta infagottandomi in un pesante piumino ed arrivando alla mia pasticceria preferita. Va bene il minestrone, soprattutto se ci aggiungiamo qualche pastarella, sempre senza esagerare. Poi il resto della mattinata si preannuncia dolorosamente vuota e solitaria. Un’occhiata all’orologio e insomma, potrebbe essere l’ora giusta per un caffè da prendere con lei e mi chiedo se posso interromperla sia pure per dieci minuti, decido prima di no, poi di sì. In una maniera speciale però.

Quindi mentre la caffettiera più grossa, un ricordo dei genitori di lei, va sul fuoco, ho il tempo di prepararmi. E quando lei alza gli occhi, certamente per il profumo del caffè, mi trova in tailleur e decolté col tacco più alto e sottile che ho, il vassoio con tazza, bricchetto per il latte e zuccheriera tenuto in precario equilibrio, insomma eccomi diventata la perfetta segretaria. Lei sorride, e fa cenno di sì con la testa quando chiedo se l’avvocato prende un caffè.

“Signorina, mi porti per favore un altro caffè tra due ore”, dice lei dopo aver apprezzato bevanda e segretaria. Giusto, tra due ore sarà il momento della pausa pranzo, ed io sarò l’aperitivo.