NERO (Una storia suggerita da lei, completamente di fantasia) – Sesta parte
di cristinadellamore
Da dietro, mi dice il bersaglio, pago il doppio. Niente da fare, devo poter controllare la situazione; lo fronteggio e gli dico di togliermi le mutandine. Abbocca.
Perfetto. Ginocchiata in faccia, il sangue che schizza da tutte le parti (capite adesso perché prediligo il nero? Il sangue non si nota), e completo il movimento afferrando il coltello dallo stivale. Glielo piazzo alla gola e improvvisamente questo qui non ha più voglia di incularmi, ma che strano. Gli viene voglia di parlare, invece, e in due minuti, più in fretta di una sveltina, so tutto quello che devo sapere. Augurandomi che nessuno debba pisciare lo lascio abbracciato alla tazza del cesso e lo chiudo dentro, per garantirmi quei dieci minuti di cui ho bisogno. L’alternativa sarebbe stata ammazzarlo, ma non è il caso: in fondo è solo un piccolo malavitoso di mezza tacca coinvolto in un gioco di cui non conosce le regole e neanche gli altri giocatori.
Punto decisamente verso il barista, e mentre attraverso la sala a passo svelto mi accorgo che le cameriera ed il suo cliente sono spariti, magari verso qualche angolo più riservato. Adesso al tavolino che occupavamo noi quattro sono seduti due robusti clienti dagli alti zigomi slavi e dall’espressione dura, che stanno dividendosi il ballo e le carezze di una ragazza che non avevo mai visto prima e che mi sembra molto più bella e giovane di tutte quelle che ho incrociato nel corso della serata, eccezion fatta per la cameriera; giusto, in tutti gli spettacoli da circo si chiude sempre con le attrazioni più importanti.
“Non ti sei fatta molte amiche, stasera. Ma almeno hai ottenuto quello che volevi?”, mi chiede il barista con lo sguardo sempre fisso sul bicchiere che sta lustrando. Rispondo di sì, e lo assicuro che per un po’ non mi farò più vedere.
“Allora stasera mi devi proprio far divertire”, risponde guardandomi finalmente in faccia. Non me lo aspettavo. Me la sono sempre cavata con un pompino, di quelli rumorosi, che durano meno di cinque minuti. E poi, può lasciare il suo posto? D’accordo, i clienti non hanno voglia di bere, in questo momento, ma così rischia di perdere soldi, se qualche ragazza nel frattempo conclude il suo lavoro e incassa.
“Non ti preoccupare”, ribatte il barista. Fa qualcosa dietro il bancone e si abbassano le luci proprio sulla nostra testa. Giusto, così abbiamo tutta la privacy che ci serve. E sia, il tempo passa fin troppo in fretta, lo raggiungo dietro il bancone e faccio per togliere le mutandine, ma il barista mi ferma con un gesto.
“Tira su la gonna e girati, faccio io”. Un altro che vuole il culo, deve esserci qualcosa nel condizionatore, stasera. Oltre tutto, non mi piace per niente; è buio, ma il barista non è stupido e può accorgersi di quello che porto negli stivali. Insomma, è una pessima idea. Stringo un po’ più forte la borsa e sento la confortante solidità della .38, che non ho nessuna voglia di usare in uno spazio chiuso: c’è il rischio di ammazzare un po’ di gente che non c’entra niente e c’è la certezza di restare sorda per un bel po’. Come dite, silenziatore? La pistola si sbilancia, diminuiscono la portata e la precisione di tiro, insomma per me è un bel no, grazie.