Uno scenario tutto nuovo

di cristinadellamore

Sono seduta in un angolo, un boccale di birra davanti, faccio finta di interessarmi allo schermo del telefonino. Fa caldo, ho tolto la giacca del tailleur e sbottonato la camicetta, ignorando il brusio che arriva dai tavoli vicini perché così, china in avanti, so di dare un certo spettacolo.

Poi sento una voce, un altro cliente mi chiede se può sedersi qui; faccio cenno di sì senza alzare il capo; sono sempre a capo chino e smanetto sulla tastiera virtuale. Poi decido di bere un altro sorso e mi trovo davanti agli occhi questo tizio sottile, con i capelli lunghi, la faccia un po’ sporca di barba non fatta e magnetici occhi verdi. E’ vestito come capita, un pesante maglione scuro di qualche misura troppo grande, ha posato sul tavolo accanto al suo calice di birra dall’aspetto costoso, colore più rosso che ambrato e schiuma con strani riflessi.

Molto educatamente si presenta fissandomi negli occhi: un punto per lui, non mi guarda le tette, almeno non subito, e si merita la mia risposta; o è invece perché sono un po’ soggiogata dal suo sguardo? Mi chiede cosa bevo, e mi accorgo che ho svuotato il boccale in due sorsi: non mi era mai capitato prima. Sarà un segno?

Mi chiede il permesso di offrirmi il secondo giro, fa un gesto e la camerierina bionda e sottile si materializza accanto a noi. E’ vestita modestamente con maglietta e jeans neri, come tutto il personale, ma ha un’espressione adorante: il mio strano commensale le piace e si vede, mi sembra sentire i suoi feromoni e la sua voce che dice qualcosa come “prendimi qui e subito, ti prego”, e devo scrollare la testa per schiarirmela.

Ha ordinato per me un calice della birra che sta bevendo lui, o meglio sta facendo finta di bere perché giocherella col calice, lo alza per guardarne il contenuto in controluce, e intanto mi spiega la rava e la fava di questa birra artigianale sarda, e quel colore dipende dai mieli d’arancio, che danno anche un particolare profumo. Anche lui deve avere un particolare profumo; non è certamente la birra, però mi gira un po’ la testa e improvvisamente sento un familiare calore al ventre, ho voglia di questo gentile sconosciuto, così educato e sexy, e non mi era più capitato da tanto tempo.

La cameriera bionda mi mette davanti un calice di birra con una malagrazia che non credo di meritarmi; o forse sì, ha capito come me che il cliente non la vuole, ha capito che quella che vuole sono io. E io, lo voglio? Accidenti, sì. Non riesco a non pensare a come deve essere baciarlo, sentire le sue mani su di me, il suo corpo prima contro il mio, poi dentro. Cerco di ragionare, prendo il calice e non riesco a controllarmi, tiro fuori la lingua e lecco la schiuma: lo so, è un segnale per una donna, purtroppo non abbiamo ordinato salsicciotti e senape altrimenti avrei fatto qualcosa di diverso e più preciso.

Con un sorriso che mi fa quasi male mi chiede se quella birra mi piace. Non ce la faccio a rispondere, porto il calice alle labbra e lo svuoto per metà d’un fiato, lui sorride di nuovo e dice che sì, si vede che mi piace: sarebbe sorpreso che confessassi che non sono riuscita a sentire il sapore?

Bevo l’altra metà del calice per non essere costretta a parlare, e immediatamente il mio corpo mi corre in aiuto: con le gambe che tremano un po’, con la testa che gira e non per l’alcol mi alzo e mi dirigo verso i bagni. Forse gli chiedo scusa, forse no, ma non importa.

Non ci ho mai messo piede, c’è cattivo odore, disinfettante di pessima qualità a coprire quello di ammoniaca, e attraverso la suola sottile delle mia scarpette col tacco alto mi sembra addirittura di sentire che il pavimento è bagnato, anzi di più. Mi giro per chiudere la porta e me lo trovo davanti: mi ha seguita.

E sia. Lo voglio, gli vado incontro, mi offro. Le sue mani su di me, le sue labbra sulle mie, ed è il sapore che ben conosco. Lei mi infila col suo gesto che amo le dita trai capelli e mi chiede: “Lo facciamo qui”?